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In quali casi le dimissioni volontarie danno diritto a richiedere la NASpI?

Il dipendente ha diritto all’indennità ordinaria di disoccupazione nel caso in cui le dimissioni non sono riconducibili ad una sua libera scelta ma sono conseguenza di comportamenti altrui.
Si tratta dell’ipotesi di dimissioni per giusta causa, disciplinata dall’articolo 2119 del Codice Civile, il quale fornisce una definizione generale del concetto di giusta causa e demanda, pertanto, alla giurisprudenza il compito di elencare le fattispecie che rientrano nella suddetta nozione. Per tale motivo, l’INPS può riconoscere l’indennità di disoccupazione solo nei casi in cui sussista una delle cause già indicate dalla giurisprudenza.

Inoltre, il lavoratore ha diritto anche all’indennità sostitutiva del preavviso, equivalente all’importo della retribuzione moltiplicato per i mesi di preavviso stabilito dal relativo CCNL, come se fosse stato licenziato dall’azienda. (Ex art. 2119, co. 2 c.c.)

Tali criteri si applicano anche per l’indennità ordinaria di disoccupazione agricola.


Così come per le dimissioni anche a seguito di risoluzione consensuale il lavoratore non ha diritto alla Naspi, tranne che in alcuni casi previsti dalla legge Art.3, Co. 2, d.lgs. n. 22/2015:

  • quando hanno presentato le proprie dimissioni per giusta causa:

1) il mancato pagamento della retribuzione;

2) l’aver subito molestie sessuali nei luoghi di lavoro;

3) le modificazioni peggiorative delle mansioni lavorative;

4) il mobbing;

5) le notevoli variazioni delle condizioni di lavoro a seguito di cessione ad altre persone (fisiche o giuridiche)

dell’azienda;

6) lo spostamento del lavoratore da una sede ad un’altra, senza che sussistano le “comprovate ragioni tecniche,organizzative e produttive”;

7) il comportamento ingiurioso posto in essere dal superiore gerarchico nei confronti del dipendente. (il mancato pagamento della retribuzione);

  • nei casi di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro intervenuta nell’ambito della speciale procedura prevista dalla legge del 1966 (Art. 7 L. 604/1966 come modificato dall’art. 1, co. 40, della legge 92/2012.) (non applicabile agli assunti con contratto a tutele crescenti). Tale procedura è una sorta di conciliazione che si struttura nel seguente modo. L’azienda invia una comunicazione alla direzione territoriale del lavoro con cui comunica il licenziamento per motivo oggettivo, a seguito della quale viene svolto un tentativo di conciliazione presso la commissione provinciale di conciliazione. Se l’incontro si conclude con la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, il lavoratore ha diritto all’assegno di disoccupazione. Se nonché tale tentativo di conciliazione è obbligatorio solo per le aziende con almeno quindici dipendenti.

Per ottenere la Naspi, in aggiunta alla perdita involontaria del lavoro, occorre che il lavoratore sia in possesso,congiuntamente, dei seguenti requisiti:

  • stato di disoccupazione;
  • almeno 13 settimane di contribuzione nei 4 anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione;
  • 30 giornate di lavoro effettivo, a prescindere dal minimale contributivo, nei 12 mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione.

Lo stato di disoccupazione deve essere involontario. Sono tuttavia considerate ipotesi di cessazione involontaria del rapporto e danno pertanto diritto alla NASPI:

  • licenziamento disciplinare;
  • la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro intervenuta in sede protetta (procedura di conciliazione presso la DTL),oppure avvenuta in ragione del rifiuto di trasferimento del lavoratore ad altra sede della stessa azienda, purché distante oltre 50 km dalla residenza o raggiungibile in 80 minuti o oltre con i mezzi di trasporto pubblici;
  • le dimissioni per giusta causa.
  • le dimissioni rassegnate durante il periodo tutelato di maternità (da 300 giorni prima della data presunta del parto e fino al compimento del primo anno di vita del figlio).

Quanto detto non è applicabile durante il periodo di prova. Invero, le dimissioni volontarie presentate durante il periodo di prova non danno diritto all’indennità di disoccupazione.

In ogni caso, è bene sapere che, secondo il ministero, a seguito di risoluzione consensuale di un rapporto di lavoro in un’azienda con meno di 15 dipendenti, e senza procedura di conciliazione, il lavoratore non può accedere alla Naspi. Di conseguenza, i dipendenti delle aziende più piccole non possono accedere alla Naspi a fronte di una risoluzione consensuale del rapporto di lavoro

La nostra Società è a Vostra disposizione per ulteriori chiarimenti e/o approfondimenti. 

Roma, 30 Marzo 2023